#TakeCare
Quando si parla di benessere, solitamente, tra le prime cose che ci vengono in mente riferite a questo argomento, non c’è il benessere digitale. Sicuramente pensiamo al benessere fisico, a quello mentale, economico ecc. Non ci sovviene subito quello legato al digitale, siete d’accordo? Noi online lavoriamo, costruiamo relazioni, cerchiamo informazioni, studiamo e facciamo molte altre cose. La maggior parte del tempo, tra lavoro e impegni personali, lo viviamo connessi e questo ha un forte impatto sul nostro benessere generale.
Digital wellbeing
Abitiamo in un mondo digitale dove la tecnologia è ovunque ed evolve rapidamente. Un adulto spende in media sei ore al giorno al telefono e lo controlla cinquanta, con i giovani i numeri si alzano e arriviamo a ottanta volte al giorno. Il benessere digitale (digital wellbeing) è uno stato di benessere sperimentato attraverso l'uso sano della tecnologia. Come lo si instaura un rapporto sano con la tecnologia? Cercando di privilegiare la qualità delle nostre attività con i device, rinunciando alla quantità. Per quanto riguarda la nostra presenza online, trascorrendo sempre molto tempo connessi a internet, sarebbe importante domandarsi: È tempo speso bene? Aggiunge valore alla mia quotidianità? Mi arricchisce? Proviamo a pensare a come ci sentiremmo se staccassimo per un po’ e ci allontanassimo dai nostri device (qualcuno lo chiamerebbe “digital detox”).
Se il benessere psicologico passa anche da quello digitale, è importante non farsi controllare dalle notifiche: dobbiamo essere noi a decidere quando e quanto esporci all’uso di cellulari/pc/tablet.
Domanda per voi:
Tecnostress
Con i tantissimi device tecnologici con cui abbiamo a che fare sia nella nostra vita lavorativa sia nel tempo libero, molto spesso si vengono a creare abitudini tali da rappresentare potenziali fattori stressanti. Come ci accorgiamo del sovra consumo di media digitali? Grazie alla nostra difficoltà nella gestione di questa sovrabbondanza, e a un campanello d’allarme che si chiama stress. Nella fattispecie si parla di tecnostress che è causato da un utilizzo eccessivo e disfunzionale delle tecnologie e ha naturalmente un impatto significativo sia sulla nostra vita sociale sia su quella lavorativa. Partiamo dalla sua definizione: lo stress si manifesta quando le richieste provenienti dall’ambiente esterno superano le nostre risorse personali per farvi fronte. Quello digitale spesso origina dall’enorme quantità di comunicazioni e informazioni che dobbiamo costantemente filtrare e gestire, e dal punto di vista cognitivo è uno sforzo importante. Tutto ciò ha delle ripercussioni sul piano psicofisico: si manifestano difficoltà di attenzione, agitazione, tensioni muscolari, disturbi del sonno, ansia (nel 2007 il tecnostress è stato ufficialmente riconosciuto come malattia professionale, analizzare le cause e gli effetti sui lavoratori rientra dunque nell'obbligo di valutazione dei rischi previsti dal D.Lgs 81/08).
Quest’estate uscì un articolo sul Corriere della Sera dove vengono riportati i risultati di una ricerca condotta in America in cui ci sono una serie di numeri molto interessanti, e un po’ preoccupanti, sulle abitudini delle persone con i loro telefoni.
Ora, se fossimo nel setting della psicoterapia questo si chiamerebbe self-disclosure: era il 2018, io ero arrivata alle vacanze di agosto a pezzettini. Sentivo forte il bisogno di disconnettermi un po’ da tutto, ma soprattutto di spegnere il telefono. Partii per quello che è il mio posto nel mondo, la montagna. Avevo avvisato tutti, Guardate che spengo il telefono. E così ho fatto, spento prima di salire in macchina alla partenza. Una settimana senza cellulare (acceso, per dovere di cronaca, solo due volte per pochi secondi, per dare segni di vita; con la grande accortezza di non attivare wifi/dati per non ricevere notifiche! Non volevo vederle: non cercatemi, non chiedetemi, dimenticatevi il mio numero per tutto il tempo della vacanza, grazie). Spento, il telefono era spento sempre; non acceso e silenzioso. Mi rendo conto che (forse) è stata un tantino hardcore la mia scelta, ma ho fatto quello che mi sentivo di fare: dimenticarmi il telefono ed essere irraggiungibile.
Tutto ciò che riguarda il benessere digitale è un argomento che io trovo interessante e importante, data la quantità di device con cui entriamo in contatto tutti i giorni. Questa newsletter si intitola #TakeCare perché vorrei invitarvi, insieme a me, a prenderci cura del nostro tempo lontano dai telefoni/pc/tablet ecc. Il venerdì è, per i più, l’ultimo giorno di lavoro della settimana: proviamo per il week end (o nei momenti in cui siete liberi dal lavoro) a diminuire le ore che trascorriamo con il telefono tra le mani. Ognuno come meglio crede e riesce, la scelta deve essere ovviamente sartoriale e cucita ad hoc su ogni persona. Guardiamo un film, leggiamo quel libro che è lì che ci aspetta da tempo, facciamo una passeggiata, facciamo quello che ci va ma proviamo a farlo tenendo lontano il telefono. Ci farà bene!
Educazione all’affettività
Il cestista NBA Kevin Wesley Love ha creato una sua fondazione, la Kevin Love Fund. Qualche giorno fa ha annunciato il lancio del curriculum di apprendimento socio-emotivo (SEL) disponibile a livello nazionale gratuitamente per gli educatori americani. In collaborazione con educatori ed esperti SEL, il curriculum prevede 14 lezioni ed è personalizzato per gli studenti delle scuole medie, superiori e universitari. È stato sviluppato per far fronte alla crescente richiesta di supporto psicologico e per aiutare gli studenti a esprimere emozioni e superare lo stigma ancora spesso legato alla malattia mentale.
"Il curriculum adotta un approccio unico all'apprendimento socio-emotivo", afferma Sara Hahn, co-direttrice dell'istruzione per il Kevin Love Fund; "Gli studenti imparano a coltivare l'empatia per gli altri e per se stessi, capire il legame tra gratitudine e benessere, sfruttare la creatività per sostenere la sana espressione delle emozioni e altro ancora", ha aggiunto.
Il programma prevede anche video clip di scrittori, famosi atleti, celebrità, artisti, in cui raccontano le loro esperienze per mostrare ai giovani studenti che non sono soli nei loro sentimenti di ansia, depressione, rabbia, dolore o altre emozioni. Il Kevin Love Fund offre una formazione gratuita per educatori e consulenti scolastici che vengono formati ad aiutare gli studenti affinché possano imparare che le loro esperienze di vita difficili sono benvenute in classe, e a coltivare un senso di comunità e di connessione con gli studenti.
Mi è sembra tutto molto figo! Mi è sembrato un bel esempio di progetto di educazione all’effettività che tanto manca nelle scuole italiane.