Cito questo caso perché mi pare sia uno dei riferimenti più importanti tra chi comunica sui social temi di psicologia / psicoterapia, considerata da molti la migliore, forse non a torto, io stimo molte delle cose che fa / dice.
Ma se da un lato è giustissimo passare il messaggio che anche i terapeuti sono persone in costruzione e molto generoso da parte sua raccontare la sua storia in modo così intimo, mi pare venga meno una distanza di sicurezza che andrebbe tutelata, per proteggere sia lei che i suoi pazienti. Forse si potrebbe dire meglio, non so se riesco a spiegarmi, ma a me turba.
Penso anche io che ci sia un bivio tra audience e pazienti e a volte bisognerebbe saper scegliere.
Ciao Daria! In questa NL io ho voluto riflettere soprattutto sui contenuti che alcuni professionisti portano sui social attinenti proprio alla materia, più che la condivisione dei loro aspetti personali. Poi certo, dietro ai professionisti ci sono delle persone e può capitare scelgano di condividere anche cose della sfera privata. Sull’intervista della dott.ssa Andreoli ha risposto proprio lei stessa ieri nelle sue stories su come conciliasse vita pubblica e pazienti. Ha citato l’analista in grigio, aggiungendo, riporto testualmente, che non esiste più almeno dall’avvento dei cellulari. Quando qualcuno, con contezza spero (e sono certa in questo caso ci sia), sceglie di condividere questioni così tanto personali io sto un passo indietro. Spero, mi auguro, che i terapeuti che scelgono di raccontarsi sappiano quello che fanno soprattutto per tutelare il lavoro con i pazienti, che viene sempre prima di ogni post/reel/selfie/intervista. A me per esempio non mi turba:) ma ho colto cosa volessi dire.
A me grigio piace 😅 [non ho visto quelle stories ma credo che la dimensione pubblica e social sia diversa da quella dell’atteggiamento dell’analista in seduta, cerco di recupera più nel dettaglio questa posizione] grazie per la risposta 🙏🏼
Impeccabile e grata per quanto esprime, per il modo in cui riesce a dire no a ciò che non è solo un trend. Sono una psicoterapeuta di vecchia generazione che ha visto quanto sia stato duro e impegnativo affermare la psicologia come una scienza, come una facoltà universitaria a sè stante da altre discipline e ora viene banalizzata, miscelata con parole e concetti che non sono per tutti. I calcoli matematici di un Ingegnere che costruisce un edificio, un bisturi in mano ad un Chirurgo restano nella competenza di quegli esperti. Non capisco perchè la Psicologia debba perdere, di nuovo, la sua autorevolezza e il suo peso (anzichè maneggiata con cura) per essere per tutti. Grata a Lei di questo articolo!
Tema super caldo che mi tocca molto e mi porta a chiederti un parere sull’intervista che Stefania Andreoli ha rilasciato a One More Time https://youtu.be/ikRWZSwwoWI?si=IAaFmFhm40TXGcAz
Cito questo caso perché mi pare sia uno dei riferimenti più importanti tra chi comunica sui social temi di psicologia / psicoterapia, considerata da molti la migliore, forse non a torto, io stimo molte delle cose che fa / dice.
Ma se da un lato è giustissimo passare il messaggio che anche i terapeuti sono persone in costruzione e molto generoso da parte sua raccontare la sua storia in modo così intimo, mi pare venga meno una distanza di sicurezza che andrebbe tutelata, per proteggere sia lei che i suoi pazienti. Forse si potrebbe dire meglio, non so se riesco a spiegarmi, ma a me turba.
Penso anche io che ci sia un bivio tra audience e pazienti e a volte bisognerebbe saper scegliere.
Ciao Daria! In questa NL io ho voluto riflettere soprattutto sui contenuti che alcuni professionisti portano sui social attinenti proprio alla materia, più che la condivisione dei loro aspetti personali. Poi certo, dietro ai professionisti ci sono delle persone e può capitare scelgano di condividere anche cose della sfera privata. Sull’intervista della dott.ssa Andreoli ha risposto proprio lei stessa ieri nelle sue stories su come conciliasse vita pubblica e pazienti. Ha citato l’analista in grigio, aggiungendo, riporto testualmente, che non esiste più almeno dall’avvento dei cellulari. Quando qualcuno, con contezza spero (e sono certa in questo caso ci sia), sceglie di condividere questioni così tanto personali io sto un passo indietro. Spero, mi auguro, che i terapeuti che scelgono di raccontarsi sappiano quello che fanno soprattutto per tutelare il lavoro con i pazienti, che viene sempre prima di ogni post/reel/selfie/intervista. A me per esempio non mi turba:) ma ho colto cosa volessi dire.
A me grigio piace 😅 [non ho visto quelle stories ma credo che la dimensione pubblica e social sia diversa da quella dell’atteggiamento dell’analista in seduta, cerco di recupera più nel dettaglio questa posizione] grazie per la risposta 🙏🏼
amen. E che tempi banali quelli in cui il trend è banalizzare tutto.
Impeccabile e grata per quanto esprime, per il modo in cui riesce a dire no a ciò che non è solo un trend. Sono una psicoterapeuta di vecchia generazione che ha visto quanto sia stato duro e impegnativo affermare la psicologia come una scienza, come una facoltà universitaria a sè stante da altre discipline e ora viene banalizzata, miscelata con parole e concetti che non sono per tutti. I calcoli matematici di un Ingegnere che costruisce un edificio, un bisturi in mano ad un Chirurgo restano nella competenza di quegli esperti. Non capisco perchè la Psicologia debba perdere, di nuovo, la sua autorevolezza e il suo peso (anzichè maneggiata con cura) per essere per tutti. Grata a Lei di questo articolo!
Grazie a lei per il commento Cristiana, e grazie per leggermi!