Interpretatori di sogni.
Oggi newsletter dedicata interamente a un unico (affascinante) tema: i sogni. Passaggi Psicologici nasce come rassegna stampa delle notizie, curiosità, ricerche, film e libri a tema psicologico; questo quindi è un piccolo esperimento: fatemi sapere se saltuariamente può farvi piacere concentrarci su un solo argomento di vostro interesse!
Partiamo subito da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, approfondiremo poi l’argomento grazie all’aiuto di alcune psicologhe: 👇🏻
COSA VUOL DIRE SE HO SOGNATO CHE…?
Ho scelto di trattare questo argomento perché qualche settimana fa su 7 del Corriere della Sera è uscito un articolo in cui si parla di sogni in pandemia. Da quando è iniziata, si legge nell’articolo, nei sogni si è insinuata una serie di situazioni ed emozioni ricorrenti; la stessa tipologia di elementi è comparsa nei contenuti onirici di chi vive a Milano e a Palermo, in Finlandia e in Brasile, negli Usa e in Cina, scrive la giornalista.
«Quando accadono vicende così epocali, i sogni cessano di essere una produzione individuale per assumere un significato sociale»
L’inconscio collettivo influenza quello individuale, ha riferito la dottoressa Magda Di Renzo, analista junghiana. Vi lascio qui l’articolo, ciò di cui parleremo ora parte proprio da questo pezzo.
Quello dei sogni è senz’altro un argomento che suscita molto fascino e curiosità. Prima di iniziare ad addentrarci in questo mondo è doveroso ricordare che in psicologia esistono molte scuole, molte teorie diverse, molti approcci, ognuno con un impianto teorico e metodologico robusto e fondato scientificamente. Quello di oggi, naturalmente, vuole essere solo un breve excursus; ma ho comunque creduto potesse essere interessante raccontarvi che i sogni non entrano solo negli studi degli psicoanalisti come si è soliti pensare: tutte le differenti teorie hanno un loro modo di “leggere” i sogni. Per rendere questo argomento il più semplice e fruibile per tutti ho scelto di selezionare 4 approcci, quelli un po’ più noti che potreste già aver sentito nominare (probabilmente su Instagram, spesso nelle box domande dei professionisti si leggono quesiti sui vari approcci) soprattutto i lettori non addetti ai lavori. Per farlo ho chiesto il prezioso contributo scientifico delle dottoresse Arianna Capulli, Gloria Montecucco, Alessandra di Fazio e Paola Piana che ringrazio per la loro disponibilità e professionalità: grazie davvero.
1. L’approccio della psicoanalisi
Partiamo ovviamente da dove tutto ha avuto inizio ovvero dalla teoria a impronta psicoanalitica, da Freud e dal suo celeberrimo “L’interpretazione dei sogni”. La prima cosa da dirci è che i sogni non sono messaggi standard che possono essere letti e interpretati in un unico modo, uguale per tutti, senza che vengano lavorati in maniera approfondita e “sartoriale”. Resta insuperata la definizione di Freud secondo la quale il sogno “E’ la via maestra per giungere all’inconscio”.
Il sogno dunque parla direttamente al suo legittimo sognatore ed è l’espressione di qualcosa di molto profondo, di rimosso, per questioni legati o al desiderio o alla paura, all’accettazione morale o alle emozioni che non siamo pronti ad affrontare in maniera diurna. E’ sempre qualcosa che c’entra con la nostra vita, qualcosa di collegato al momento presente o qualcosa che attinge al passato. Apparentemente hai sognato quella cosa lì, ma il suo significato è tutt’altro: sognare di tradire, per esempio, non fa di noi dei traditori! Il sogno in quanto frutto dell’inconscio è puramente simbolico e va riletto alla luce dei suoi significati e bisogna farlo a due livelli: c’è un aspetto che Sigmund Freud definirebbe “manifesto” che è immediatamente visibile e cioè la scena che noi vediamo nel sogno; ma c’è poi anche un aspetto simbolico, latente, che è quello che richiede l’interpretazione da parte dell’analista. Doverosa precisazione: all’interno della stessa psicoanalisi esistono teorie diverse come per esempio quella di Carl Gustav Jung e Jacques Lacan per fare due esempi molto noti, e che hanno a loro volta una specifica tecnica di interpretazione dei sogni: il protagonista, però, è sempre ovviamente l’inconscio!
2. L’approccio sistemico-relazionale
Fin dalla nascita l’individuo è inserito in una rete di relazioni, per questo tipo di approccio il malessere del singolo non può essere slegato dal contesto a cui appartiene. Questa visione permette di allargare la visuale spostandosi da una dimensione soggettiva a una relazionale. “Il tema del sogno in terapia sistemico relazionale non è un tema assai dibattuto, ma presenta diversi punti di vista e di lettura: i sogni vengono visti come oggetti terapeutici capaci di restituire al paziente elementi che difficilmente si potrebbe comunicare senza il suo aiuto”, ci dice la dott.ssa Alessandra di Fazio. Possono essere utili per parlare delle proprie relazioni familiari, ma anche per uscire dai momenti di stallo della terapia o per segnalare elementi utili nelle relazione terapeutica. “Quando un paziente porta un sogno in terapia sarà sicuramente utile favorire la narrazione del sogno e diventare testimoni di una storia, per poi esplorare il significato personalmente attribuito al sogno da parte del paziente, alla luce della sua storia”. Infine, in un’ottica di trasformazione, potrebbe essere utile riconoscere al sogno la potenzialità di svelare strade e narrazioni nuove nella vita del paziente stesso, conclude la dott.ssa di Fazio; “In questo senso il sogno potrebbe diventare un elemento indicativo di desideri che non riescono ad emergere completamente nella vita diurna: sono convinta che i sogni in terapia sistemica relazionale assumono un significato simbolico o metaforico relativo alla vita del paziente”. Il sogno dunque potrebbe svelare strade e narrazioni nuove.
3. L’approccio cognitivo-comportamentale
Per la terapia cognitivo-comportamentale i fattori cognitivi (come per esempio pensieri e immagini mentali) sono fortemente correlati con le emozioni che avvertiamo e i comportamenti che mettiamo in atto e che proprio da questi fattori dipendono. Secondo la più diffusa concezione cognitivista, i sogni sarebbero strutture cognitive che possono riprodurre, e quindi rispecchiare, le preoccupazioni espresse e verbalizzate dal paziente nello stato di veglia. A dircelo è la dott.ssa Arianna Capulli psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in formazione. “Nella pratica clinica molto spesso la persona riporta il contenuto dei sogni soprattutto per la risonanza emotiva che questi suscitano e in parte, probabilmente, perché vi è la convinzione diffusa a livello culturale che gran parte del lavoro che si fa in terapia lo si faccia interpretando i sogni come se questi potessero essere rivelatori dei segreti nascosti nei meandri della nostra mente.
Il terapeuta cognitivo-comportamentale si pone nell’ottica di guidare il paziente verso la comprensione di quei contenuti che non possiedono un significato generalizzabile secondo un’equazione precisa contenuto=significato, ma che è bene siano ricondotti, contestualizzati e integrati all’esperienza di vita del paziente e ai vissuti espressi in terapia”, sottolinea la dott.ssa. “Va ricordato che tutto ciò che la nostra mente produce assume significato a partire dal modo in cui noi, per primi, leggiamo quel significato. Sebbene vi sia il rischio, nell’ambito della psicologia, che si consideri l’approccio teorico un credo che in alcun modo deve essere influenzato da altre teorie, ritengo personalmente che anche rispetto a questo tema, sia utile favorire l’integrazione delle conoscenze teoriche allo scopo di garantire al paziente una maggiore e più chiara comprensione del suo mondo interiore”, conclude la dott.ssa Capulli.
4. L’approccio della Gestalt
La visione della dimensione onirica è molto diversa se entriamo nel mondo della psicologia della Gestalt. Per prima cosa: questo è un approccio fenomenologico fondato sull’esperienza, è definito come l’espressione più spontanea dell’esistenza dell’essere umano. Secondo questo approccio individuo e gruppo sociale non sono entità a sé, ma parti di una stessa unità e sono in reciproca interazione, spiega la dott.ssa Paola Piana; la persona è sempre in relazione al suo ambiente. Per questo la Gestalt vede la psicopatologia come un adattamento creativo che consente all’individuo di differenziarsi dal contesto sociale, ma anche di esserne pienamente parte: ogni comportamento umano, anche quello patologico, è considerato un adattamento creativo. E i sogni? Il sogno che porta il paziente in seduta va letto nel qui e ora tra paziente e terapeuta: Che cosa mi sta dicendo il paziente in questo modo, portandomi il suo sogno? Il lavoro che si fa con esso ce lo racconta la dott.ssa Gloria Montecucco: “In Gestalt si lavora sui sogni intesi come opere d’arte in modo artistico attraverso la drammatizzazione e messa in scena dello stesso. Il sogno è un atto creativo del Sé”, spiega la dott.ssa. Il lavoro con i sogni può avvenire attraverso diverse tecniche, una è quella dell’identificazione con i vari frammenti e parti del sogno e per favorire questo si utilizza l’espediente del racconto del sogno in prima persona. Questa tecnica è stata utilizzata da Fritz Perls, il padre della terapia della Gestalt, il quale ha dato anche molta importanza allo stato d’animo con il quale il paziente viveva il sogno e quello con il quale invece si svegliava, così da capire qual’ era l’atteggiamento generale verso il sogno e il suo contenuto. La dott.ssa sottolinea anche l’importanza dei sogni ricorrenti:“I sogni ricorrenti o gli incubi sono considerati da Perls come dei messaggi di avvertimento che tendono a frustrare la persona per sollecitarla ad andare avanti, sono perciò i sogni migliori in quanto rivelano chiaramente un problema non risolto e facilmente individuabile”. Conclude dicendo che il lavoro con i sogni in Gestalt è molto entusiasmante, iniziare a lavorarci senza sapere dove ci porteranno, se nel passato o nelle aspettative per il futuro, se nel dolore ancora in figura o nelle nuove sfide che si accolgono.
E I SOGNI A OCCHI APERTI?
Quando le fughe mentali dalla realtà prendono il sopravvento nella vita di una persona, alcuni psicologi clinici parlano di fantasia compulsiva. Maladaptive Daydreaming è il nome corretto e lo ha coniato Eli Somer che è docente di psicologia all’Università di Haifa. Se ne parla, tra le molte altre cose, sulla rivista Mind: per chi volesse, il numero è ancora in edicola. 💭
NOTIZIE DAL WEB
Questo Podcast curato dalla dott.ssa Laura Brambilla e dal dott. Paolo Grampa dell’Associazione Alice Onlus.
Un articolo bellissimo del New York Times sul cambiamento climatico e stanze di psicoterapia.
Cosa è meglio per i miei bisogni: Nutrizionista o psicologo?
Cose da ricordare:
Siamo arrivati alla fine di questa newsletter. Ci rivediamo nelle vostre caselle email tra due settimane!